
Il WeGil, hub culturale della Regione Lazio a Trastevere, gestito dalla società in house LAZIOcrea S.p.a., ospiterà dal 24 al 26 febbraio WEGIL TO READ, una rassegna di tre giorni gratuita, promossa dalla Regione Lazio in collaborazione con Arte2o, che porterà il pubblico tra pagine di libri accompagnati da musica.
Per l’occasione cantautori, parolieri e poeti sono invitati a partecipare al contest “Lettere agli amanti”!:
- Leggi una delle lettere agli amanti, la diciannovesima
- Trasformala in un testo di una canzone
- Mandala in direct ai profili di @ticketoread
Il vincitore interverrà alla serata finale di Wegil To Read, il 26 febbraio insieme a Giulia Ananìa e a Lorenzo Gioielli!
L’ingresso sarà libero fino a esaurimento posti. Sarà previsto il servizio bar dall’aperitivo a chiusura eventi.
Fb e IG:
ticketoread
#wegiltoread
WeGil, Largo Ascianghi, 5, Trastevere, 00153 Roma: https://wegil.it/
Diciannovesima lettera del libro di Lorenzo Gioielli, Lettere agli amanti:
Sul letto c’è un uomo. Non dorme. Ha preso una polverina bianca che a essere prudenti non si deve mai comprare né avere né sapere che esista, ne ha presa tanta, ingoiandola, aspirandola, strofinandola sugli occhi. Non poteva più muoversi, si era ammalato un anno prima e non parlava più bene. La donna lo assisteva e non voleva che scomparisse, ma non ci pensava mentre lo aiutava ad andare in bagno, a vestirsi, ad alzarsi, mentre lo imboccava, non ricordava un tempo in cui erano stati felici o arrabbiati, ma in piedi, uno di fronte all’altro, un tempo in cui era tutta salute e tempesta, in cui sembrava che nulla sarebbe mai finito, non lo ricorda e non lo sa più se quel tempo c’è stato. Ora vuole solo accudire il suo compagno, le sembra che fra loro non ci sia stato niente altro che questo, lei lo cura ma lui che, giorno dopo giorno, peggiora. Ha preso la poverina. Lei non può credere che non l’abbia nemmeno salutata, scritto un biglietto, guarda il corpo e pensa che non esiste più. Ma lui l’ha scritto quel biglietto, con la grafia insicura di chi non controlla bene le mani, ha dovuto aggrapparsi alla penna e venivano delle a lunghissime, delle o, delle esse senza fine, che ha ricalcato perché fossero chiare e non tremanti come i suoi muscoli sfibrati. Ha scritto a lungo, o così gli era sembrato, senza fermarsi, respirando forte mentre la polverina faceva effetto e gli toglieva la penna dalle mani. Ha scritto tutto il suo amore per lei, quanto le era grato e come non fosse possibile che non si sarebbero mai rivisti, come odiava il tempo che sarebbero stati lontani e come gli piaceva, com’era bella anche adesso che non era più giovane, tanto che la guardava e non sapeva come dirle che nessuno al mondo è più di lei, non per lui, ma per chiunque. Ora lei cerca quel biglietto, che non sa che esiste ma che sa che esiste, vuole trovarlo prima di chiamare il medico, prima di dire al mondo che il suo amore è morto, prima che il corpo che era venga portato via e cremato, come lui aveva chiesto. Guarda sul comodino, alza la boccetta che conteneva la polverina, sposta la sua poltrona, gli abiti, guarda nell’armadio e alla fine si stende a terra, i suoi occhi guardano all’altezza della polvere, sotto il letto, senza trovare nulla. Si rialza e guarda l’uomo sul letto. Così, capisce. Mette la mano nella tasca destra del pigiama, dove non c’è nulla, poi in quella sinistra. Il contatto con la carta ripiegata le fa mancare le gambe e gli cade addosso. Il suo odore è ancora lì, immobile, la piccola bolla di profumo del suo dopobarba, quello che lei stessa gli ha messo al mattino, dopo averlo lavato. Con la sua testa vicina apre il foglietto. Segni, solo segni, un tu, poi righe e onde, niente che si capisca. Un io e un’altra parola, dire, forse. Nient’altro.