Patriarcato for dummies-articolo

Il 25 agosto è uscito per la Giulio Perrone Editore Patriarcato for dummies scritto da Eugenia Nicolosi, giornalista, scrittrice e attivista femminista e del movimento LGBTQIA+. Il saggio nasce per permettere a tutt* di muovere i primi passi alla scoperta del femminismo, o meglio dei femminismi, e di scovare e riconoscere le gabbie e le oppressioni – sempre più “subdole e meno visibili che mai”, eppure ugualmente forti – del patriarcato e dell’eteronormatività.

Fare a brandelli il mantello dell’invisibilità

La damnatio memoriae

Partiamo dal terzo paragrafo del capitolo Come diavolo siamo arrivate fin qui, che si chiama Il mantello dell’invisibilità, spostandoci poi dal centro verso tutti gli altri argomenti del saggio di Nicolosi.

Se nella saga di Harry Potter il mantello dell’invisibilità era un magico indumento che consentiva al protagonista di scampare pericoli e assalti e restare così al sicuro, nella storia delle donne lo stesso indumento ha assunto l’oscuro aspetto di una cultura oppressiva che le ha sistematicamente messe ai margini, condannandole all’oblio. Di artiste, scrittrici, musiciste e scienziate di grandissimo talento ci rimangono, a seconda dei casi, qualche frammento scritto o quale spartito, il commento di un qualche critico che – sorpresa! – ha deciso di testimoniarne il talento o magari il racconto di un premio mai recapitato. Rispetto a questo ultimo punto, basti a pensare a Rosalind Franklin, scienziata che diede un incredibile contributo nella scoperta della struttura del DNA. Del suo lavoro di ricerca e degli incredibili risultati dei suoi esperimenti, se ne appropriarono Wilkins e Watson. Questo permise a Watson e Crick di pubblicare dapprima un articolo su «Nature» e poi di ricevere nel 1962 il Premio Nobel insieme a Wilkins. I tre, premiati grazie al lavoro di un’altra ricercatrice, non la citarono nemmeno.

Patriarcato for dummies fa anche questo: ci consente di metterci sedut*, fare mente locale e ripensare a tutte quelle donne – tantissime, incalcolabili – che sono state lasciate indietro.

Anche l’invisibilità si trasforma insieme al patriarcato

Oggi sarebbe difficile praticare la stessa forma di condanna della memoria: anche il patriarcato si è evoluto. Oggi delle donne, del loro lavoro, dei loro talenti e del loro contributo se ne parla sui giornali, in tv e sulla rete: ma come? Qui, come ci fa notare Nicolosi, le strutture dominanti sessiste hanno trovato il modo di continuare ad agire più sinistramente: i risultati raggiunti da valevoli professioniste vengono raccontati a mo’ di “favoletta” e, spesso, senza citarne nome e cognome. In queste circostanze, però la rete ma soprattutto il contributo di valide scrittrici e giornaliste, pronte ad arginare le storture del giornalismo sessista, ci vengono in aiuto. Nicolosi cita ad esempio l’operato di Michela Murgia e Valentina Falco che, tramite l’account @ladonnaacaso, sottolineano la spersonalizzazione delle donne sui media. Valentina mette in evidenza quanto questo tipo di narrazione una vera e proprio negazione dell’identità e della riconoscibilità. Inoltre, se nomi e cognomi non compaiono come faremo, più in là, a ricordare queste donne, a tenere traccia delle loro conquiste, del loro talento?

Ecco degli esempi di post appartenenti all’account appena citato:

 
 
 
 
 
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Nicolosi però ci mette in guardia anche dall’interiorizzazione di schemi sessisti e maschilisti. Siamo talmente tanto permeat* di cultura patriarcale ed eteronormativa che inconsapevolmente alcun* ne mandano giù a bocconi talmente grossi da digerirla poi a suon di frasi e commenti di stampo anni ’50. Anche in questo caso, l’attivismo digitale fa la sua parte e Nicolosi dà l’Oscar a @caraseimaschilista che con grafiche semplici, ironia e spiegazioni chiare smaschera il maschilismo inconsapevole:

 
 
 
 
 
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L’invisibilità dei corpi

Nel terzo capitolo del primo paragrafo di Patriarcato for dummies leggiamo:

Anche se nel XII secolo Trotula de Ruggiero, professione medica, ha avuto l’arguzia di capire che i corpi sono tutti diversi e ha scritto un manuale di medicina per i corpi delle donne, oggi i farmaci non espressamente dedicati a patologie femminili vengono progettati per il corpo di un uomo. E così ogni altra cosa. Le donne non esistono, le persone transgenere non esistono, le persone anziane e le persone con disabilità nemmeno. Il maschio bianco e abile vede il mondo come una piramide sulla cima della quale lui governa aziende, istituzioni, media e le persone da lui diverse.

L’invisibilità investe ogni altra creatura che non sia l’uomo non solo nelle narrazioni, ma anche nei corpi. I corpi hanno tutti le loro specificità e quelli di uomini e donne sono molto diversi tra loro. Questa diversità non si manifesta solo nelle dimensioni e nella fisiologia riproduttiva, ma anche nello sviluppo delle patologie più comuni, nei meccanismi che governano il cuore e i polmoni, nel funzionamento del sistema immunitario, nell’invecchiamento dei vasi sanguigni e nei processi cellulari. Questo dovrebbe far presupporre che i test clinici siano sempre condotti considerando la rilevanza di queste differenze e la vitale importanza di disaggregare i dati per genere, ma purtroppo non è così.

La mancanza di dati di genere e il mondo a misura di uomo

Il gender data gap è un problema che investe qualsiasi ambito della nostra vita. Il vuoto di dati si manifesta in ambito scientifico e medico, nei test per la sicurezza alla guida, nella realizzazione di strumenti musicali e tecnologici, nell’abbigliamento e negli equipaggiamenti militari, nei sistemi di comando vocale e chi più ne ha più ne metta. Tutto è a misura d’uomo e spesso è difficile anche rendersene conto. Da Invisibili di Caroline Criado Perez, pubblicato da Einaudi nel 2020, vi riporto due citazioni che fungono da esempio:

Come l’assenza delle donne dai manuali di anatomia, anche la mancata inclusione delle donne nei test clinici è un problema storico che nasce dall’idea che il corpo maschile sia il corpo umano per definizione. […] La carenza di dati diversificati per l’uno e per l’altro sesso condiziona la nostra capacità di offrire alle donne una valida consulenza medica. Nel 2011 il World Cancer Research Fund lamentava che solo il cinquanta per cento degli studi sulle interazioni tra dieta e cancro effettuati su un campione di uomini e donne fornisse risultati disaggregati per sesso, il che rendeva ovviamente più difficile formulare linee-guida dietologiche utili a entrambi i sessi.

Si tratta di un problema che ha avuto enormi ripercussioni sulle donne il cui corpo reagisce in modo molto diverso rispetto a quello di un uomo di fronte a patologie, traumi, malattie autoimmuni e assunzione di determinati farmaci. Solo che questo per molto tempo è stato ignorato. Ma ecco un altro assaggio amaro di patriarcato relativo a un altro ambito, la sicurezza alla guida:

L’impiego dei fantocci nella simulazione degli incidenti d’auto ha avuto inizio negli anni Cinquanta, e per decenni si sono usati simulacri umani con misure corrispondenti a quelli di un maschio del cinquantesimo percentile. Il modello più usato ha una statura di 1,77 metri e pesa settantasei chili, dunque è molto più alto e pesante di una donna di proporzioni medie […]. Le cose vanno ancora peggio per le donne incinte. Il manichino di una donna in gravidanza esiste già dal 1996, ma il suo uso nelle prove d’urto non è obbligatorio né in Europa né negli Stati Uniti. Ecco perché non è stata ancora inventata una cintura di sicurezza che funzioni anche per le gestanti, sebbene gli incidenti d’auto siano la principale causa di morte fetale a seguito di un trauma materno.

E con questa analisi delle Perez ci ricolleghiamo alle riflessioni di Eugenia Nicolosi nel capitolo Auguri a tutte le mamme di Patriarcato for dummies. In questa parte del testo l’autrice si sofferma su quanta ipocrisia si celi nelle giornate dell’8 marzo e dell’8 maggio, rispettivamente la Giornata Internazionale della donna e la festa della mamma. Effettivamente rileggendo anche quanto riportato da Criado Perez non si può che essere d’accordo con Eugenia Nicolosi quando afferma di sentirsi presa in giro da patetici post e comunicati stampa che evidenziano quanto sia importante celebrare le mamme. Per non parlare poi di quanto tutto questo risulti ancora più anacronistico in una società in cui tutto il lavoro di cura di bambin* e anzian* viene quasi affidato per intero alle donne, portandole così a condurre ritmi insostenibili e limitando le loro possibilità di carriera.

Non ci sarà mai un game over

Come abbiamo visto e come ci fa notare Eugenia Nicolosi, i mostri da abbattere e i castelli da espugnare saranno ancora tanti e per tanti livelli ancora. Studi hanno dimostrato che il raggiungimento della parità di genere, già previsto in un lontano 2120, si è spostato di altri 51 anni a seguito della pandemia. Ma questo è un motivo in più per non cedere di un passo, per continuare a lottare. Abbiamo dato un’occhiata solo a poche delle tante forme di invisibilità cui le donne sono soggette, ma con le lotte, l’impegno e la resistenza il mantello un giorno verrà finalmente squarciato.

Se ho una certezza è che in questo gioco noi in game over non andremo mai.