
Louise Chennevière ha ventinove anni e si dedica alla scrittura dalla fine dei suoi studi in Filosofia. Il suo primo romanzo, Cagna, è uscito in Italia per Giulio Perrone Editore nel 2020. Attualmente vive, scrive e compone musica tra Parigi e Orange. Il 13 ottobre esce per la Giulio Perrone Editore il suo secondo romanzo, Mausoleo, con la traduzione di Gaia Giaccone.
Esequie all’amore
Da sempre le storie d’amore costellano la letteratura, l’arte e lo spettacolo: le imprese che si è disposti/e a compiere, le incredibili sensazioni provate nella mente e nel corpo, lo sconvolgimento totale nella vita di due innamorati/e, ci dicono moltissimo su noi esseri umani e sul nostro modo di stare al mondo. Sono quindi una fonte inesauribile di ispirazione per scrittori/scrittrici e artisti/e. Nelle storie d’amore, tradizionalmente, individuiamo una climax che dalle fasi di conoscenza iniziali ci porta al finale lieto o semplicemente a una fine, talvolta anche dolorosa.
Quello che Louise Chennevière ha deciso di fare nel suo romanzo però va nella strada opposta e sfugge ai meccanismi del romanzo d’amore tradizionale. In Mausoleo si parte dalla fine, da un dolore sedimentato, faticoso, a tratti insostenibile. In Mausoleo, la storia d’amore è già conclusa, sfinita e consumata. Quella che lascia dietro di sé è solo una lunghissima serie di domande, di ricordi, e di mancanze che la protagonista vive con lo spaesamento e il dolore di chi ama ancora. Uno spaesamento che la costringe a ripercorrere tutta la sua storia d’amore alla ricerca di indizi, segnali e risposte per risolvere un enigma che ha mille soluzioni e quindi nessuna. Perché in fondo la fine di un amore, per chi non ha ancora smesso di amare, sembra simile a un lutto che costringe a celebrare le esequie di un futuro immaginato insieme. D’altronde tutto questo è già presente nel titolo del romanzo, Mausoleo, una parola che definisce un monumento che è allo stesso tempo una tomba.
Scambiare i desideri con i presentimenti
Nel pieno del dolore per l’abbandono dell’amato/a, tutto quello che prima appariva quotidiano e familiare – parte di un piccolo mondo costruito insieme – per la protagonista diviene fonte di angoscia, nostalgia e persino fastidio. Ogni cosa – dallo scorrere delle stagioni, passando alla vita della città, fino ai gesti più quotidiani – subisce il confronto con la vita passata, in cui tutto sembrava avere un senso e una direzione. Le uscite, le risate degli altri provocano la fuga e un senso di disgusto e tutto quello che prima sembrava facile e divertente diviene insormontabile.
Insomma, Louise Chennevière in Mausoleo rende in tutta la sua crudezza la sofferenza e il disorientamento provati di fronte a una vita che cambia improvvisamente volto a seguito di un abbandono:
“Detestavo perfino la città, mi sembrava odiosa, perché non ti conteneva da qualche parte come una possibilità, perché non era altro che una città in cui tu non c’eri. Durante il giorno non uscivo, non sopportavo di vedere, volgare, vivace, la vita che continuava intorno a me, una vita in cui non c’era posto per quel dolore che mi trascinavo dietro dappertutto”.
Louise Chennevière, Mausoleo
Le giornate si trascinano una dietro l’altra con difficoltà, le notti diventano lunghissime e il corpo stesso diviene un peso da portarsi dietro. Anche i ragionamenti, in questo scenario di perdita, abbandonano la logica consueta e la mente si affolla di pensieri magici che lasciano presagire incontri che non avverranno mai. Desideri che diventano presentimenti, l’oroscopo che diventa scienza e le aspettative che diventano convinzioni:
“Leggevo ogni giorno l’oroscopo, l’ansia non mi abbandonava per tutta la giornata se era profetizzato un incontro per le persone del tuo segno, e se era promessa una riconciliazione con la persona amata, io non potevo fare a meno di sperare. Mi capitava di scambiare, i miei desideri con dei presentimenti, a volte ti sentivo venire a me attraverso una misteriosa densità del tempo, ed ero subito sollevata da una gioia immensa, perché tu, ne ero sicura, quel giorno stesso, saresti tornato qui, senza avvisare.”
Louise Chennevière, Mausoleo

Lo stile di Louise Chennevière in Mausoleo
In Mausoleo, lo stile utilizzato da Louise Chennevière è particolarmente rappresentativo dei sentimenti e della sofferenza della protagonista. Le virgole che spezzano le naturali connessioni tra soggetto e predicato, tra sostantivo e aggettivo e tra le proposizioni principali e le sue subordinate servono a dare al testo il suo ritmo singhiozzante, come intervallato dai sospiri e dalle lacrime della protagonista, dalla sua difficoltà a prendere fiato. Si alternano frasi più brevi a periodi molto lunghi in cui la donna si lascia andare a una sorta di monologo interiore. Anche le congiunzioni perdono il loro ruolo di eccellenza – quello di unire – e spesso non si connettono più ad alcuna frase e ad alcun sostantivo ma appaiono seguite da un punto che le chiude e le lascia da sole: come se un pensiero si fosse interrotto nel vortice della sofferenza, come se non ci fosse più nulla da congiungere. E poi ci sono i corsivi che sottolineano particolari frasi scritte o pronunciate dall’amato, musiche ascoltate insieme, o specifici termini dei quali si vuole mettere in risalto l’importanza. Insomma, Louise Chenneviere è stata in grado di unire efficacemente forma e contenuto per rappresentare tutto quello che significa affrontare il dolore per la fine di un amore.