Intervista a Elvira Seminare-Leonora Carrington-blog articolo

Scrittrice e giornalista, Elvira Seminara ha pubblicato moltissimi romanzi, tradotti in diversi Paesi. Tra questi ricordiamo: L’indecenza (Mondadori, 2008); I racconti del parrucchiere (Gaffi Editore, 2009); Scusate la polvere (nottetempo, 2011); La penultima fine del mondo (nottetempo, 2013); Atlante degli abiti smessi (Einaudi, 2015), I segreti del giovedì sera (Einaudi, 2020) e Diavoli di sabbia (Einaudi, 2022). Il 29 settembre 2022 esce per Giulio Perrone Editore il suo ultimo libro, Leonora Carrington, pittrice e scrittrice britannica che ha incarnato il surrealismo. Di seguito l’intervista all’autrice:


Leonora Carrington non è una musa del surrealismo, lei è il surrealismo: questo ci dici nelle prime pagine del tuo libro, opponendoti così a una narrazione che la rende subalterna ai grandi nomi (tutti maschili) ritenuti abitualmente maestri del surrealismo. Qual è stato secondo te il suo più grande contributo a questo movimento artistico?

“Attraversare il mondo con tutti i sensi, inclusi quelli vietati. Precipitare nell’inferno e risalire, mezzo diavolo e mezzo angelo. E raccontare tutto fra parole e tele. È quello che ha fatto Leonora Carrington, e che fa di lei l’incarnazione, dolente e irridente, del surrealismo. Tutt’altro dunque che Musa. Il suo cervello stesso era, organicamente, un dispositivo surrealista. E lei, genialmente, lo ha alimentato e orientato secondo la sua ricerca, artistica e intellettuale”.

Nel testo, citi e descrivi le opere artistiche di Leonora Carrington e spesso le metti in rapporto con le sue opere letterarie, donandoci una prospettiva nuova con la quale avvicinarci al suo universo simbolico e al suo approccio artistico-letterario. Come si è svolta la tua ricerca in questo senso? Sei partita dall’analisi dei suoi dipinti o dallo studio dei suoi testi?

“Sono partita da lei bambina, dal suo sguardo visionario e ondoso sul mondo. Dalla sua natura irrefrenabile, dal suo bisogno di abbattere i confini, di qualunque tipo – regole muri formalità corpo. E poi l’ho seguita adolescente, inquieta e ostinatissima, imbattendomi nei suoi racconti e nelle tele traboccanti di scambi e corrispondenze. Non ho seguito un metodo “scientifico” naturalmente, ma il suo stesso passo nel mondo, irregolare, sperimentale, ibridato, emozionale”.

Leggendo il tuo libro, sembra di vivere una sorta di climax che ci conduce, dallo spazio segregante della nursery di Carrington bambina, all’esplorazione dell’abisso-rinascita che ha caratterizzato la sua maturità. In che modo, secondo te, lei è riuscita a rappresentare artisticamente questo percorso?

“Penso che alla base della sua opera – tutta – non ci fosse solo il rigore ossessivo della sua ricerca, pittorica e filosofica, ma anche un bisogno umanissimo di autodocumentarsi. Di raccontarsi agli altri spiegandosi a sé stessa, attraverso i racconti e le pitture, che ritraggono infatti, accanto ai soggetti magificati, anche gli uomini amati e sé stessa bambina. Aveva più interesse per il suo mondo interiore che per le proprie fattezze, a differenza dell’amica e vicina di casa Frida Khalo, appassionata di autoritratti. A lei interessava dare vita e forme al mondo invisibile, ma urgente, della nostra psiche. Alla nostra natura mitica e multiforme”.

Leonora Carrington-dettaglio di copertina
Dettaglio della copertina realizzata dall’Art Director Claudia Intino

La simbologia di Leonora Carrington è ricchissima, la sua capacità di costruzione visionaria incessante e la sua concezione dell’esistenza è nuova eppure antichissima, lontana da quella giudaico-cristiana. Come è stato per te studiarla e scoprire il suo mondo?

“Incontrarla è stato emozionante, come un viaggio pieno di sorprese, di giochi e trabocchetti, inquietudine e conforto. Anche perché sai già in partenza che figure come lei sono inafferrabili, trasformative, e contenerle in un tracciato sarebbe folle, irrispettoso e arbitrario. Per me, che credo come lei nella magia e mi sento profondamente animista, è stato bellissimo sentirla vicina – attraverso i suoi testi, le opere, le interviste e le tracce lasciate nel mondo”.

Se potessi incontrare oggi Leonora Carrington dove la porteresti e cosa le chiederesti?

“Tornerei a casa sua a Città del Messico, dove sono stata, fra i suoi pennelli nei barattoli e le matassine in fila, nella scatola di legno, per i ricami. La guarderei dipingere come le piaceva, con tutte e due le mani, tutto il corpo. E poi andremmo insieme al mercato, a comprare pezze colorate per farci abiti mai visti. Ci divertiremmo, le farei io un ritratto, anche se ho smesso da tempo. Non le farei domande, perché domandare appartiene a questa terra, al mondo angusto e manifesto. Era una donna così beffarda, piena di ironia. Ecco, vorrei ridere, soprattutto ridere, insieme a lei”.