A novembre è uscito per la Giulio Perrone Editore Canta ancora, ragazza scritto da Jacqueline Roy e tradotto da Marta Olivi. La storia prende ispirazione dall’esperienza di ricovero in un ospedale psichiatrico vissuta dalla scrittrice stessa durante la sua adolescenza.

In questo articolo andiamo a scoprire i tanti risvolti di un testo ricchissimo sia dal punto di vista stilistico sia contenutistico in grado di far luce sulle enormi carenze del sistema sanitario britannico nel salvaguardare la salute mentale e sulla difficoltà di comprendere chi è considerato fuori dalla norma.

Le due protagoniste

In Canta ancora, ragazza la narrazione si incentra su Gloria e Merle, due donne britanniche di origine caraibica, che si incontrano all’interno dell’ospedale psichiatrico in cui entrambe si trovano in ricovero involontario. Le due donne hanno età ed esperienze di vita diverse: Gloria ha circa cinquant’anni e sta affrontando il lutto improvviso della sua compagna, Merle ne ha circa venti e, dopo un aborto spontaneo i traumi, i dolori e le violenze subiti sin dall’infanzia diventano insostenibili.

Gloria si trova in ospedale per un piccolo furto e disturbo della quiete pubblica; viene infatti arrestata e ricoverata dopo le ripetute lamentele dei vicini per la musica tenuta altissima la notte e il suo cantare a squarciagola. Questo è il suo modo di gestire il dolore, il suo tentativo di mettere in pausa il silenzio assordante del dolore. Merle, invece, dopo la perdita del bambino, non riesce a riprendersi e inizia a sentire nella sua testa voci che la insultano, la denigrano e la intimidiscono, portandola a rivivere le sofferenze del passato.

“Quando questo posto avrà finito con me, sarò solo una pagina di un libro psichiatrico”

Nel corso del testo conosciamo in profondità le protagoniste, cancellando la linea di demarcazione segnata da medici e infermieri nel rapportarsi con loro. Dove il personale sanitario vede solo irrazionalità, indolenza e pazzia i lettori percepiscono la sofferenza, la fuga dal dolore e le conseguenze della mancata tutela della salute mentale. Gloria canta, balla e salta per ritrovare qualche briciola della felicità perduta. Merle non vuole comunicare e si rifiuta di mangiare perché attanagliata dalla paura e sfinita a causa dei farmaci somministrati. Gloria è l’unica da cui Merle si lascia aiutare: la sua gentilezza e la sua vitalità inducono la ragazza ad abbassare le difese e a sentirsi accolta. Così tra loro nasce nel tempo un rapporto di comprensione e di amicizia seguendo la scia della quale noi lettori scopriamo i motivi profondi delle loro angosce e del loro rapporto con la vita.  

Hilary si avvicina e mi dice: “Come hai fatto a convincere la nuova paziente a unirsi a noi oggi?”

“Le ho solo chiesto se le andava” rispondo. Non è proprio vero, ma voglio insegnare agli infermieri a provare a chiedere le cose e vedere se funziona meglio degli altri metodi. Però è difficile educarli. Mi sa che dovrò lavorarci parecchio.

Il lettore quindi osserva gli eventi e i comportamenti delle protagoniste sotto un altro punto di vista. In questo modo scopre le enormi carenze del sistema sanitario britannico che ancora negli anni ’90 risultava mal gestito e inefficace. Il ricorso a dosi massicce di farmaci per interrompere le fasi acute della malattia in luogo di un percorso terapeutico strutturato e mirato; l’imposizione in luogo di un ascolto attivo; l’accondiscendenza in luogo di un vero rapporto terapeutico basato sulla fiducia sono tutti aspetti che emergono con prepotenza nel libro.

Canta ancora ragazza-dettaglio di copertina

Il contesto sociale

“Ti devi aggrappare forte a quello che sei veramente in questo Paese, non importa quello che ti fanno. Però ho comunque perso la maggior parte della mia parlata giamaicana, e ora parlo come parlano gli altri qui. Non ci puoi fare niente. Succede, quando vivi in un posto per troppo tempo.

Mio padre ha imparato l’inglese migliore che poteva perché pensava che parlare il patwah ci ostacolasse, ma anche quando alla fine parlava meglio di un presentatore della BBC non ha trovato nessun lavoro decente e ha dovuto continuare a lavorare in una fabbrica che faceva spugne per piatti. Per questo penso che studiare non è cosa per i neri. Anche se ci applichiamo”.

Pur non essendo un testo specificamente incentrato su tematiche di razza e di razzismo, queste riescono comunque ad emergere. Sono molti infatti i riferimenti culturali presenti e i rimandi alle difficili condizioni economiche e sociali sperimentate dalle protagoniste e dalle loro famiglie. Come sottolineato nel libro, la Gran Bretagna non sembra affatto soddisfare le promesse di accoglienza rivolte alle popolazioni delle colonie arrivate madrepatria nel Dopoguerra. Così, nonostante la fatica, il duro lavoro e l’appassionata ricerca di un riscatto, il Paese non hai mai assicurato al padre di Gloria, così come a gran parte della forza lavoro venuta dalle colonie, un lavoro decente e una vita piena. Queste popolazioni sono state costrette a vivere nella marginalità e a subire le pressioni di un Paese che non ha mai davvero saputo accoglierle.

Lo stile e il titolo

Come dicevamo all’inizio, il testo ha anche una grande ricchezza stilistica. La personalità di Gloria, vivace, arguta e ironica è perfettamente distinguibile da quella di Merle, più riflessiva, introversa e meditativa. L’autrice scinde con sapienza i registri linguistici e le parole appartenenti alla sfera emotiva di ciascuna di esse. Nei capitoli dedicati a Merle, l’utilizzo di corsivi e grassetti aiuta il lettore a distinguere le sue personali riflessioni dalle minacciose voci interiori che la opprimono. Per quanto riguarda il titolo, quello originale è The fat lady sings che, come spiegato da Bernardine Evaristo nella prefazione, deriva da un proverbio che dice “it ain’t over until the fat lady sings”: “Non è finita finché canta la signora grassa”. Il senso è che non è possibile stabilire la fine di un evento finché si sta ancora svolgendo, finché non è giunto davvero a conclusione. Nulla è quindi determinato una volta per tutte.

Canta ancora, ragazza
Canta ancora, ragazza