Chiara Sfregola, autrice e sceneggiatrice, esordisce nel 2023 per Giulio Perrone Editore con un libro su Anna Castelli Ferrieri, nella collana Mosche d’oro (dedicata alle donne e diretta da Viola Lo Moro e Nadia Terranova).

Definire il testo una biografia sarebbe impreciso: Sfregola ripercorre la vita dell’architetta e designer con leggerezza, volando sui suoi quasi novant’anni in poco più di cento pagine. Scrive l’essenziale — che poi è anche la cifra stilistica di Castelli Ferrieri — e tra i capitoli racconta brevemente di sé, del processo creativo (e doloroso)
che l’ha portata alla scrittura di questo libro.

L’oggetto (inteso non come prodotto costituito dalla materia, bensì come argomento centrale ed empirico del libro) è la vita dell’architetta, prima donna italiana laureata in
architettura nel 1942, figlia di un grande intellettuale quale Enzo Ferrieri, direttrice artistica della Kartell (fondata dal marito, Giulio Castelli), nonché fondatrice e membro attivo di vari movimenti e associazioni legati all’architettura e al design. L’ambiente illuminato di casa Ferrieri contribuisce a formare una base valoriale solida e concreta nella giovane Anna, che dall’idea di cultura democratica svilupperà nel suo lavoro la visione sociale che la porterà a ideare mobili fortemente innovativi.

“Questa domanda su cos’è il Presente del design mi fa venire in mente una cosa ovvia: che il presente non esiste, è molto futuro e anche un po’ di passato”.

Anna Castelli Ferrieri

Il design come forma espressiva

Castelli Ferrieri però non vuole solo creare: i suoi intenti sociali e democratici sono veicolati da un forte impulso a soddisfare i bisogni delle nuove classi sociali degli anni
Sessanta. Iniziata agli intenti civili e politici antifascisti dal Movimento Moderno degli anni Quaranta, il vero talento della donna emerge soprattutto con il boom economico, con il quale ella riesce a coniugare la sua impostazione razionalista. Talento che, come racconta Chiara Sfregola, verrà riconosciuto con premi ed
esposizioni al MoMa. Con il suo lavoro Anna vuole dare un senso alla propria vita e a quella dell’Italia intera; ci riesce con il design, attraverso il quale esprime nuovi significati, risolve i problemi del quotidiano coniugando arte e ragionamento, senza mai abbandonare l’ottimismo progettuale che la contraddistingue. È così che, negli anni Cinquanta, nascono i “casalinghi”, oggetti di uso quotidiano quali catini e scolapasta non più in legno, bensì in plastica colorata. È proprio alla plastica che Anna viene ancora oggi associata in tutto il mondo. Affascinata fin da subito dalla potenzialità e dalla durevolezza del nuovo materiale, l’architetta studia per anni le varie combinazioni di polimeri per trovare le soluzioni più efficienti, e creare quindi mobili e oggetti di qualità. La sua “pragmatica del design” rimarrà sempre di matrice razionalista, volendo unificare in un unico oggetto la funzione, la tecnica e l’estetica, come racconta Chiara Sfregola.

Dettaglio della copertina realizzata dall’Art Director Claudia Intino

La democratizzazione del design

La vita dell’architetta viene percorsa dall’autrice, evidenziandone non solo i successi ma anche i ragionamenti — sempre lucidi e innovativi — che la portano a ideare
nuovi modi di vivere le abitazioni e i materiali. Così si citano i famosi Componibili del 1967, la grande invenzione di Anna, ma soprattutto l’apporto rivoluzionario che
danno al paesaggio domestico italiano, oltre ad essere il frutto di un processo completamente industriale: “la democratizzazione del design passa anche dalla
produzione di massa”, scrive Sfregola. Produzione di massa, nell’accezione della Kartell, non significa necessariamente scarsa qualità o prodotti dozzinali; la visione democratica vuole garantire oggetti duraturi, belli e fatti bene, per migliorare la vita di ciascun italiano in ogni casa del Paese.

“Io non progetto solo per i borghesi, perché di borghesi che vanno bene a me ce ne sono molto pochi, cerco di fare le cose per tutti”.

Anna Castelli Ferrieri

Conoscere Anna Castelli Ferrieri oggi

L’intero lavoro dell’architetta e designer milanese presenta una forte identità, anche quando negli Ottanta sembra abbandonare il rigoroso razionalismo per sperimentare
nuove forme, interessandosi anche al Movimento Postmoderno di quel periodo. Grande attenzione la dedica anche al nascente tema ecologico, ragionando sul rapporto tra naturale e artificiale e sulle responsabilità, culturali ed etiche, dell’essere umano. L’attenzione di Castelli Ferrieri alla materia intreccia riflessioni di filosofia, fisica, politica e solidarietà sociale, tutto nell’ottica di un miglioramento delle esistenze altrui, insistendo sulla componente emotiva dell’oggetto nonché sulle sue capacità comunicative e psicologiche. Ecco che Sfregola, dunque, riesce con penna leggera a tratteggiare una delle donne più capaci e creative del Novecento italiano, forse oggi poco valorizzata. Abbattendo così, grazie alla narrazione, le pareti temporali tra passato, presente e futuro. Proprio come sarebbe piaciuto ad Anna.

Anna Castelli Ferrieri

Matilde Giuliani

L’articolo è in partnership dell’APS Lapaginabianca.docx